martedì 17 gennaio 2017

L'artemesia




 
Artemisia
Fra le piante magiche, l'artemisia ha avuto sempre un posto di grande rilievo. Era spesso indicata per le malattie della matrice (matricaria).
L'artemesia era la pianta più strettamente legata alla donna e alla cura delle donne. Plinio, Ippocrate e Dioscoride la consigliavano per i disturbi femminili. Ippocrate per l'espulsione della placenta, Dioscoride per sollecitare il parto.

Il Cristianesimo al fine di eliminare l'alone pagano che inesorabilmente aleggiava sulle erbe, mutò il nome della pianta (riconducibile alla dea pagana benefica e feconda Artemide) denominandola erba Santa Maria.
Il fenomeno di associare erbe al sacro crebbe constantemente nel tempo, portando di fatto alla nascita di una vera e propria farmacopea cristiana.

Vincenzo Tanara, sull'erba Santa Maria scrive:

L'erba Santa Maria, detta menta greca (...) serve per far frittelle, e per la sua dolce agrezza sono vivanda grata li giorni di magro, se bene fatto grasso, non sono ingrate, si come trite e misticate con ova, la frittata rende buona; dà ancora buon gusto e odore alle minestre, ove con altre erbe entra e salse; è mangiata volentieri dalle donne per giovar i dolori della matrice. Moltiplica col spartire il caspo, se ne fa impiastro sopra il petinecchio e fa orinare; scaldata con vino bianco e sopra lo stomaco, lo corrobora; questa pianta sparsa in terra, scaccia i serpenti e lo stesso fa il suo fumo.

Sempre secondo una leggenda cristiana, la pianta germogliava lungo il sentiero del serpente del Paradiso terrestre, assumendo la connotazione di erba del pellegrino, ovvero di colui che percorrendo strade poteva incorrere in brutti incontri. Nel codice Historia Plantarum della fine del XIV secolo, troviamo:

Se qualcuno viaggiando la porta con sé non incontra inciampi e caccia la fatica del viaggio e la stanchezza.

La badessa Idelgarda ne esaltava le proprietà digestive:

un pizzico di questa polvere preso mattina e sera, a digiuno sistema i disturbi di stomaco.

In cucina nel tardo Medioevo nelle campagne padane, il culto della vergine/madre veniva celebrato con i tortelli all'artemisia